Il Luogo


Il mio concetto è che in prossimità dell' ottobre/novembre 2012 dovremo trasferirci in qualche località a zona montuosa geologicamente stabile. Precisamente, dovremo rifugiarci in caverne ben coperte e riparate dall'atmosfera esterna, con ampie provviste di cibo e acqua. L'acqua, ancor più fondamentale del cibo può anche essere in bacini idrici già esistenti in natura e dentro le caverne stesse.
Gli speleologi o chiunque abbia una sufficiente conoscenza della speleologia avranno un ruolo fondamentale in questa scelta. Tuttavia, è l'unione di più conoscenze che può salvare una comunità e permettere la sua sopravvivenza. E' richiesto quindi il valido apporto di tutti quelli che sanno cosa significa essere contadini, medici, farmacisti,  geologi, alpinisti, cuochi, magazzinieri, etc.
Al momento in cui scrivo è il 28 marzo 2012,  il tempo è veramente breve e più passa più sento che sta accellerando. Dobbiamo già cominciare da adesso ad individuare quelle che sono le aree sicure, in Italia non sono molte. Le uniche regioni quasi completamente sicure sono la Sardegna ed il Veneto (piu'esattamente le zone interne e montuose).
Se parlo di Italia, lo faccio apposta. Vi sono varie zone del mondo sicure (Centro Africa, Centro Australia), ma cerco di essere pratico e rivolgermi a chi si trova nella condizione di gestirsi l'esistenza, in Italia.Ricordate:" L'istinto di sopravvivenza è insito in tutti noi, se riesco a salvare me stesso, posso riuscire a salvare una piccola comunità".
Sin da adesso dobbiamo accumulare provviste e viveri a lunga conservazione ed esercitarci facendo dei corsi di sopravvivenza e speleologia, presto ne farò uno con l'intenzione di passare tre giorni in una caverna a Giazza da solo o con un gruppo di massimo sei persone, dovremo essere sufficienti per una prova generale.
Ritengo che dovremo prepararci a considerare la caverna come un rifugio dove stare per circa un anno e quindi fare scorte alimentari per un anno, i vulcani cominceranno ad essere in piena attività in tutto il mondo, l'anidride solforosa renderà velenosa l'atmosfera per un bel po' di tempo, non sarà consigliabile stare all'aria aperta per il primo periodo.
Le zone interne delle caverne non presentano le temperature fredde e glaciali degli inverni sulla crosta terrestre, anzi vi sono caverne con temperature anche gradevoli e con bacini d'acqua calda.
Il gruppo che fa parte del mio progetto si trasferirà in Veneto, sulle Prealpi Venete, e si stabilizzerà a circa 1400 metri, con possibilità di arrivare rapidamente a quota 2250 metri in caso di emergenza, ma deve avere il suo centro fra alberi, torrenti o fiumi, ed una caverna, con un lago al di sotto...

IL POSTO IDEALE SECONDO ME "IL CAREGA NELLE PICCOLE DOLOMITI"

Al margine nord tra le provincie di Verona e Vicenza, proprio ai confini con il Trentino si ergono le Piccole Dolomiti che, assieme al Massiccio del Pasubio, costituiscono le Prealpi Venete Occidentali.
Splendide montagne, che alle loro sorelle maggiori, le Dolomiti, invidiano solamente l'altezza: la cima più alta, cima Carega, raggiunge solamente, si fa per dire, i 2259 metri, un'altitudine da cui si parte normalmente per salire sulle grandi vette delle Dolomiti.
La catena delle Piccole Dolomiti è una dorsale rocciosa caraterizzata da una marcata asimmetricità dei versanti, con pareti ripide e forti dislivelli su un lato e versanti più uniformi, dolci e moderatamente inclinati, sull'altro. Si sviluppa da sud-est a nord-ovest nel senso della lunghezza per circa una trentina di km (tra il colle del Basto e Rovereto), mentre in larghezza (nel tratto di maggior estensione tra il passo Pertica e il passo Pian delle Fugazze) i km sono una decina. Le Piccole Dolomiti si ergono a nord tra la Vallarsa e la val di Ronchi, idealmente collegate tra loro dalla val Lagarina tra Rovereto ed Ala, mentre a sud i contorni si identificano nell'alta val d'Illasi (Progno d'Illasi), nella val Chiampo, nella valle dell' Agno ed infine nell'alta val Leogra. Il Pian delle Fugazze separa a nord-est le Piccole Dolomiti dal Pasubio, mentre il passo Pertica le divide, a sud-ovest, dall'altopiano dei Lessini.
Alcuni valichi, percorsi da sentieri o da mulattiere, dividono le Piccole Dolomiti in quattro zone ben identificabili, da sud a nord:

- La catena delle Tre Croci ,
- Il gruppo del Carega, (Nodo centrale , del Fumante e del Cherle)
- Il Sengio Alto ,
- Il gruppo di monte Zugna, tra il passo Buole e Rovereto
 

COME ARRIVARE

Lungo la Strada Statale 11 che collega Verona a Vicenza in prossimità delle Terme di Caldiero inizia la Srtada Provinciale 10 che collega i vari centri abitati della val d'Illasi fino a Giazza il naturale capolinea. Da Giazza è possibile accedere rapidamente fino al cuore della foresta omonima e alle pendici medidionali del Gruppo montuoso.
Questa via rappresenta la via di accesso principale e naturale, da Giazza l'alta val d'illasi prosegue con il vallone di Campobrun 1600m che si adagia dolcemente sul fianco meridionale del gruppo montuoso fino a toccare la punta a più di 2200 m. Sempre risalendo la val d'illasi fino a Sant'Andrea per poi seguire le indicazioni per San Bortolo delle Montagne, o dalla Val d'Alpone è facilmente raggiungibile l'alpe di Campofontana con la caratteristica contrada Pagani e i pascoli delle Lobbie che si congiungono all'altezza di Passo Ristele con la Catena delle Tre Croci.

[Caldiero-Giazza Km 30 uscite A4 Soave-San Bonifacio Verona Est
Giazza]

Giazza un piccolo paese di montagna in provincia di Verona, un piccolo centro abitato durante l'inverno da poco più di un centinaio di persone. Una una piazza, una chiesa, le case arrampicate l'una sull'altra in cerca di sole. Il torrente con una sua scrosciante cascata, il limite del boscodal quale spesso si affacciano capriolo e camosci. Più su il Gruppo del Carega, cime scoscese, imponenti, montagna vera.
Sarà che Giazza è l'ultimo baluardo dei Cimbri, popolazione di origine germanica che si stanziò nella zona attorno all'XI sec. Introducendovi una cultura alternativa, un'economia basata sulla produzione di carbone e calce.
Sarà che nei secoli passati Giazza fu terra di rifugio per contrabbandieri, che trafficavano in questa zona, confinante prima con l'Austrias ora con il Trentino.
Saranno le leggende e le fiabe della zona che raccontano di grotte popolate da esseri fantastici, da fade, anguane, orchi di boschi dimora dimora delle genti beate.
Sarà tutto questo che crea un'atmosfera particolare, quasi magica; o forse semplicemente che a Giazza si vive bene, si sta bene. Brevi passeggiate nel circondario raccontano la storia di una piccola comunità e delle sue contrade. Diversi itinerari portano poi alle cime del Gruppo del carega attraverso sentieri e boschi all'interno del Parco della Lessinia dove la natura la fa ancora da padrona.
Fiori e piante endemiche -scarpetta di venere , incontri fortuiti con animali colti nel loro ambiente naturale, scorci improvvisi verso le cime più alte o le pianure sottostanti, un panorama da Cima Carega che spazia dalle dolomiti fino alla Laguna Veneta agli Appennini e al Monviso.
Varie attività trovano spazio tra le nostre montagne. Appassionati di trekking, mountain-bike, ferrate, alpinismo e arrampèicata sportivapossono affrontare percorsi di ogni difficoltà, spesso lontani dallafolla, e quando arriva la neve non mancano i ciaspolatori, scialpinisti e arrampicatori su ghiaccio. Gli amanti di gite enogastronomuche trovano spunto tra i prodotti lacali, i ristoranti di Giazza e i rifugi del Carega che li sapranno accogliere con una cucina semplice e tradizionale.

CLIMA DI GIAZZA

Tutti i gruppi esaminati presentano come peculiarità una marcata asimmetricità dei versanti, con pareti ripide e forti dislivelli su un lato e versanti più uniformi, dolci e moderatamente inclinati, sull'altro. A tale configurazione morfologica va principalmente imputata la caratteristica climatica dell'alta piovosità: il rilievo, infatti, così strutturato blocca e condensa l'umidità proveniente dalle valli.
La differenza di pressione lungo la cresta, costringe le nuvole ad un continuo ribollire che le fa talvolta sembrare il fumo di un immenso
rogo. La caratteristica ha dato adito alla spiegazione popolare del nome Fumante; ma in realtà tale toponimo ha come radice lessicale una parola alto-tedesca.
L'innevamento è costante durante l'inverno ed in alcune zone permane anche ad estate inoltrata. II manto assume diverse consistenze a seconda dell'esposizione del versante oscillando da uno a più di due metri. I venti sono rari e frequente è l'inversione termica che crea un clima temperato rispetto al fondo valle, mentre è difficile che si verifichino brusche cadute di temperatura poiché troppo vicini sono le valli e gli insediamenti abitati che, a mo' di condensatori, impediscono appunto che ciò accada.
L'impianto vegetale delle Piccole Dolomiti rispecchia l'aspetto alpino generale. II forte disboscamento del ceduo usato come combustibile, effettuato senza tener conto della necessaria rotazione, aveva nel secolo scorso e fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale compromesso gran parte dei terreni di queste montagne divenuti brulli e spogli. Oltre a ciò gli eventi bellici della Grande Guerra, nonche l'azione dilavante e sgretolante degli agenti atmosferici, avevano contribuito ulteriormente alla distruzione dei boschi originari.
E' solo grazie alla recente opera del Corpo Forestale se oggi, in più luoghi, è possibile nuovamente camminare attraverso boschi e foreste.
Eccezion fatta per alcune zone come i prati di Lobbia, il Vallone di Campobrun e, nel versante recoarese, le Montagnole, l'alpe di Campogrosso ed altre ancora dove l'alpeggio continua ad essere praticato, altrove la montagna non ha più conosciuto l'intensa attività umana dei tempi passati e ciò essenzialmente per il progressivo spopolamento delle valli e per le modificazioni delle economie locali. I versanti hanno potuto così essere messi nuovamente ad impianto e tutta la Val di Revolto, la Val Fraselle e l'alta Val del Chiampo sono oggi un mirabile esempio di un'intelligente e profusa azione che ha recuperato la montagna creando oasi di verde perfettamente consone ai luoghi.

NODO CENTRALE

Il gruppo del Carega è formato da vari sotto gruppi e il Nodo Centrale fa un po' da ponte tra questi, in esso troviamo anche le cime più elevate del gruppo con cima Carega a 2259 m, la Costa Media una breve catena tutta sopra i 2000, Cima Mosca 2141, Cima Posta e Cima Cherlong intorno ai 2200 il Monte Plische 1991, va da se che la piramide sommitale di Cima Carega altro non e' che una delle tante punte rocciose che formano il gruppo, lo stesso nome "Carega" sembra prendere origine dall'idioma alto tedesco "Careige" il quale viene inteso come cima dalle conche rocciose, oppure da cadini (Kar-egge) termine che rispecchia fedelmente la struttura fisica delle sommita' delle piccole Dolomiti.
Il Nodo Centrale prende forma attorno alla valle di Campobrun che confluise poi nella valle d'illasi, via di accesso naturale. vista anche la relativa facilità di accesso del versante veronese, qui sorgono infatti la quasi totalità dei rifugi presenti nella catena montuosa, anche se alcuni di loro non possono essere considerati dei veri e propri rifugi alpiniche, diventano però indispensabili punti di appoggio alla grovigliata rete di sentieri che da essi ripartono.
La via di accesso, naturale è la valle d'Illasi che permette di raggiungere comodamente il centro del Gruppo, l'abitato cimbro di Giazza rappresenta forse il limite più orientale del Carega, e varrebbe la pena lasciare qui l'auto e godersi la salita attraverso il bosco
altra via molto frequentata per raggiungere il Nodo Centrale è quella proveniente dal versante recoarese attraverso il sottogruppo del Fumante e il Boale dei Fondi, ancora la valle di Chiampo che si inerpica per la stetta gola che da a Campofontana e al Passo della Scagina
Non dimentichiamo il versante trentino, al quale appartiene sulla carta la quasi totalità del Gruppo, che al momento no considereremo in modo completo in questo sito, esso rappresenta tuttavia uno scenario molto suggestivo e selvaggio, privo di comodità che varrà la pena conoscere
Il gruppo del Carega offre infatti una nutrita lista di sentieri che intersecandosi tra loro permette all'escursionista di effettuare numerose e sempre diverse esperienze
dal fresco sottobosco alla assolata pietraia, dalla sicura mulattiera all'aereo e panoramico sentiero, dalle vie attrezzate ai pascoli dell'alpe, oltre alla comodità di averlo quasi sottocasa.
nella parte meriodionale del gruppo si sviluppa la foresta demaniale di Giazza, frutto di una grande opera di rimboschimento, è oggi senz'altro il più bel complesso boscato del veronese, le catene montuose come fiumi e laghi rappresentano ancora oggi, come in passato dei punti di ostacolo e di passaggio obbligato, la valle di Revolto fu per la repubblica Veneta un punto di confine che vide momenti drammatici nella Grande Guerra, gran parte dei sentieri furono infatti costruiti o riassestati dal Genio Militare ai fini difensivi

FORESTA DI GIAZZA

La Foresta Demaniale di Giazza si trova all'estremità nord-orientale della provincia di Verona all'interno del Parco Naturale Regionale della Lessinia. Frutto di una grande opera di rimboschimento, è oggi senz'altro il più bel complesso boscato del veronese.
E' delimitata a nord dal Gruppo del Carega, ed a ovest dai pascoli dell'alta Lessinia e ad est dalla Catena delle Tre Croci.
La foresta di Giazza si estende su un territorio di circa 1904 Ha a cavallo delle province di Verona (comune di Selva di Progno: 1088 Ha), Trento (comune di Ala: 428 Ha) e Vicenza (comune di Crespadoro: 388 Ha).
L'Azienda Veneto Agricoltura amministra anche il settore trentino garantendo così un'uniformità di gestione.

GEOLOGIA

L'area è costituita essenzialmente da rocce dolomitiche e calacree dell'Era Mesozoica (tra 225 e 65 milioni di anni fa), la cui formazione più antica è la cosiddetta "Dolomia Principale", costituita da carbonato di calcio e magnesio. A questa si sovrappongono i calcari grigi, i calcari oolitici, Il Rosso Ammonitico Veronese ed il Biancone. Queste montagne si sono formate nell'era Cenozoica (tra i 65 ed i 2 milioni di anni fa) quando i materiali depositati nell'antico Mar della Tetide, in seguito alla compressione dovuta alla collisione tra la placca Africana e quella Eurasiatica, si inarcarono per originare la catena alpina.
Il territorio è solcato da tre grandi incisioni vallive: la Val di Revolto, la Valle Fraselle e la Val di Chiampo. Data la natura calcarea delle rocce, numerosi sono i fenomeni carsici.

CLIMA

Il clima della Foresta di Giazza è temperato freddo, con estati piuttosto calde ed umide per gli influssi della sottostante pianura padana. Comune è in inverno il fenomeno dell'inversione termica per cui, mentre in pianura e nelle valli che circondano la zona si addensano le nebbie e la temperatura si mantiene sotto gli 0°C, in foresta si registrano valori termici relativamente elevati. La stagione più piovosa è la primavera, mentre le precipitazioni minime si registrano in inverno, in particolare nel mese di dicembre.
L'altezza media delle precipitazioni annue è di circa 1500 mm per il bacino dell'Illasi e di circa 1900 mm per quello del Chiampo. Frequenti sono in estate i temporali, talvolta accompagnati da grandine, dovuti ad infiltrazione di aria instabile che sale dalla pianura. La neve persiste mediamente nella zona da dicembre a marzo.
La temperatura media annua stimata è di 7,5 °C; la media mensile più bassa è quella di gennaio (-3,5 °C) mentre la più alta è quella di luglio (+18,1 °C).

FLORA

La notevole variabilità del territorio favorisce lo sviluppo di una vegetazione quanto mai articolata. Nella parte meridionale della foresta, sui versanti più freschi e meno ripidi, sono molto frequenti l'orniello (Fraxinus ornus) e il carpino nero (Ostrya carpinifolia) che formano boschi cedui di modesta produttività, discontinui e spesso inframmezzati da prati e pascoli. Al carpino nero e all'orniello si associano il genere il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia), il sorbo montano (S. aria), l'acero di monte (Acer pseudoplatanus) e il faggio (Fagus sylvatica). Ben rappresentati sono sia lo strato arbustivo che lo strato arboreo. Oltre il limite superiore dell'orno-ostrieto si sviluppa la faggeta di cui possibile individuare nella Foresta di Giazza due distinte tipologie: una più termofila, a contatto appunto con i boschi a carpino nero e orniello, ed una invece con carattere spiccatamente mesotermo alle quote più elevate.
Nella faggeta termofila, piuttosto rada e luminosa, al faggio si associano spesso il carpino nero e l'orniello e nello strato arbustivo il nocciolo (Corylus avellana), il viburno lantana (Viburnum lantana) e la rosa canina (Rosa arvensis). Lo strato erbaceo è ricco con presenza di numerose specie tra cui molte orchidee (Cephalantera alba, C. longifolia, C. rubra), l'erba trinità (Hepatica nobilis), il ciclamino delle Alpi (Ciclamen purpurascens) e l'erba limona (Mellitis melissophylum).
Tra i 1000 e i 1400 m di quota, su suoli freschi ed evoluti, si sviluppano la tipica faggeta montana, diffusa in gran parte della Val Fraselle e della Valle di Revolto. Sono boschi ben sviluppati e rigogliosi con faggio sempre dominante al quale solo occasionalmente si accompagnano le specie viste nelle precedenti formazioni. Gli alberi formano una volta pressoché continua ed ininterrotta che impedisce lo sviluppo del sottobosco. Solo nelle parti meno fitte la luce riesce a filtrare permettendo la crescita di alcune specie sciafile quali l'erba lucciola (Luzula nivea), la dentaria (Dentaria enneaphyllos), l'elleboro verde (Helleborus viridis), la stellina odorosa (Asperula odorata), il ranponzolo giallo (Phyteuma spicatum), l'orchidea nido d'uccello (Neottia nidus-avis) ed altre. Ad altitudini maggiori il faggio risulta spesso consociato all'abete bianco (Abies alba)e soprattutto all'abete rosso (Picea excelsa) la cui diffusione è stata largamente favorita dall'uomo. Ampiamente diffusi infatti nella foresta di Giazza sono i rimboschimenti artificiali di conifere, principalmente abete rosso e larice. Meno utilizzato è l'abete bianco mentre solo su terreni poveri, calcarei, e su versanti ripidi e rocciosi, esposti a sud si trovano il pino nero (Pinus nigra) e il pino silvestre (Pinus sylvestris).
Merita una nota particolare lo splendido bosco di abete bianco, faggio e abete rosso, con piante mature di notevoli dimensioni, posto sotto Malga Terrazzo, nel versante sinistro della Valle di Revolto. Grazie alla buona quantità di luce che filtra attraverso le chiome degli alberi il sottobosco è ricco e ben sviluppato con cespugli di nocciolo, salici, con rinnovamento della vegetazione arborea e con numerose piante di tasso (Taxus bacata) cresciute spontaneamente.
Alle quote più elevate, al di sopra della vegetazione arborea, si estende la fascia degli arbusti contorti e dei pascoli d'altitudine. La presenza di un substrato calcareo o calcareo-dolomitico favorisce lo sviluppo del pino mugo (Pinus mugo) che crea distese molto vaste, più o meno discontinue, di grande importanza per il consolidamento dei versanti.
Oltre al pino mugo sono presenti il Ginepro nano (Juniperus communis ssp. nana), il salice glabro (Salix glabra), il sorbo degli uccellatori, e qualche larice e faggio prostrato per l'azione del vento e della neve. Diffusi abbondantemente tra imughi sono rododendri (Rhododendron hirsutum e R. ferrugineum) e nello strato erbaceo l'Erica carnea dai delicati fiori rosa e, in alcune zone, la rara pianella della Madonna (Cypripendium calceolus), vero gioiello della flora della foresta di Giazza.
Stupendo è poi il colpo d'occhio che i prati e i pascoli, presenti in questa fascia, offrono all'inizio dell'estate: il bianco e il violetto dello zafferano alpino (Crocus albiflorus), il giallo della primula odorosa (Primula veris), il blu della genzianella (Gentiana verna), il rosso e il giallo dell'orchidea sambucina (Dactylorhiza sambucina), il rosso scuro della nigritella (Nigritella nigra) creano infatti un variopinto mosaico dalle mille sfumature.
Lungo i corsi d'acqua che scendono dalla Valle di Revolto e dalla Val Fraselle si sviluppa infine una vegetazione caratteristica formata da cespugli di salici (Salix appendiculata, S. eleagnos), ontano bianco (Alnus incana), maggiociondolo (Laburnum alpinum) e nocciolo che in genere sfuma in quella dei boschi limitrofi.

FAUNA

La Foresta Demaniale Regionale di Giazza possiede un patrimonio faunistico estremamente vario ed interessante. La fauna che più comunemente si può osservare durante un'escursione è rappresentata da vertebrati e in modo particolare dagli uccelli che nidificano numerosi durante l'estete; comuni e abbondanti sono comunque anche anfibi, rettili e mammiferi.
Tra gli anfibi, negli ambienti più freschi e umidi, frequenti sono la salamandra pezzata, il tritone alpestre, il rospo comune e la rana temporaria. Tra i rettili, nelle aree più aride e sassose, in prossimità dei muretti a secco e tra le pietre al margine di sentieri e mulattiere, le specie più frequenti sono la lucertola muraiola, il ramarro, la vipera comune, il marasso, il biacco e il colubro liscio. L'orbettino e la biscia dal collare prediligono invece i luoghi freschi e umidi.
Nelle acque del Torrente Fraselle presente è la trota fario.
Tra i mammiferi, molte specie, pur essendo abbastanza comuni, per le loro piccole dimensioni e per le abitudini quasi esclusivamente notturne, passano facilmente inosservate; fra queste sono da segnalare la donnola, la faina, la martora, il tasso, la volpe, la lepre comune, numerosi micromammiferi e diverse specie di pipistrelli.
La marmotta è presente nell'area con numerose colonie soprattutto nel settore orientale della foresta ed è facilmente osservabile nelle praterie alpine nei pressi di Malga Campobrun, di Passo Lora e nell'alta Val Fraselle. Nelle zone rocciose, al limite superiore della vegetazione arborea, è possibile da qualche anno incontrare il camoscio. La specie occupa prevalente,mente i costoni rocciosi, ripidi e scoscesi, del versante destro della Valle di Revolto. Il capriolo frequenta invece le aree boscate inframmezzate da radure e da zone ricche di vegetazione arbustiva. L'incontro con questo piccolo cervide, relativamente comune, si risolve il più delle volte con un sonoro abbaio e la sua precipitosa fuga nel folto della vegetazione; lo si può osservare con una certa facilità, in primavera, all'alba e al tramonto, nei prati a nord dell'abitato di Giazza e, nel periodo invernale, in presenza di neve, ai margini del bosco lungo la strada che sale al rifugio Revolto.
Nei boschi misti di latifoglie e conifere si può vedere lo scoiattolo mentre si sposta veloce da un ramo all'altro alla ricerca di cibo.
Sono però gli uccelli i vertebrati che più facilmente si possono incontrare durante un'escursione all'interno della foresta di Giazza, e questo sia per il gran numero di soggetti sia per il canto caratteristico di molte specie.
Tra i rapaci l'incontro più emozionante è senz'altro quello con l'aquila reale. Una coppia frequenta regolarmente l'area e dopo decenni è tornata a nidificare. Abbastanza comuni sono il gheppio e lo sparviere, presenti sono l'astore e la poiana mentre recentemente è stata segnalata la comparsa del raro falco pellegrino. Negli ultimi giorni di agosto e nei primi di settembre inoltre numerosi falchi pecchiaioli sorvolano l'area durante la migrazione dai quartieri di nidificazione a quelli di svernamento; le zone più idonee per avvisarli sono Passo Lora, Cima Trappola e Passo Ristele. Tra i rapaci notturni sono presenti l'allocco, il gufo comune, la civetta capogrosso e la civetta nana. Il gufo reale invece è raro e sembra frequentare l'area solo per motivi trofici.
Tra i galliformi di montagna è facile udire in primavera, tra gli arbusti contorti, al limite della vegetazione arborea, il caratteristico canto del gallo forcello, presente soprattutto nel settore orientale della foresta. Più elusivo e difficile da osservare è il francolino di monte, un piccolo tetraonide legato a zone caratterizzate da una densa vegetazione arbustiva, in prossimità di valloncelli umidi e freschi. Dopo un periodo di rarefazione questa specie appare attualmente in fase di ripresa. Presente, anche se poco comune, è la coturnice mentre rare sono le segnalazioni di gallo cedrone.
Il picchio nero si riproduce regolarmente con almeno due coppie nei boschi misti maturi di faggio e abete bianco; molto frequente e diffuso è invece il più piccolo e colorati picchio rosso maggiore.
Tra i corvidi facilmente osservabili nelle zone più aperte sono il confidente gracchio alpino, il possente corvo imperiale, la comune cornacchia grigia e all'interno dei boschi, la chiassosa ghiandaia.
Alle quote più elevate, sulle pareti e sui ripidi costoni rocciosi che sovrastano i pascoli alpini, in estate, si possono osservare le acrobatiche evoluzioni del rondone, della rondine montana, del balestruccio e, in modo particolare nei pressi del Passo Pertica, del raro picchio muraiolo. Lungo il corso del torrente Fraselle, anche in prossimità dell'abitato di Giazza, nidificano il poco comune merlo acquaiolo e l'elegante ballerina gialla.
Oltre a quelle sopra ricordate, le specie nidificanti nella Foresta Demaniale di Giazza sarebbero molte altre, tra le più comuni e abbondanti si possono ricordare il merlo, il fringuello, il ciuffolotto, il pettirosso, lo scricciolo, alcuni paridi (cinciallegra, cinciarella, cincia mora, cincia bigia alpestre, codibugnolo), il luì piccolo, l'allodola, il codirosso spazzacamino, il culbianco e molti altri.


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